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Giuseppe Paccini e la sua musica

Anche la figura di Giuseppe Paccini appare biograficamente quella, a parte una parentesi milanese e parigina, di un musicista ripiegato sull'intimità di un più rassicurante mondo paesano, a ciò forse propenso anche a causa della sua infermità, la sua musica appare profondamente radicata nel tessuto musicale degli inizi del Novecento e per certi aspetti rappresentativi di un humus culturale e creativo dell'Italia artistica delle due guerre mondiali.
  Vengono in mente a questo proposito il poeta Giovanni Pascoli e il musicista Marco Enrico Bossi che in quegli stessi anni si sono incontrati sul piano creativo: Bossi infatti mise in musica alcune poesia di stile crepuscolare e intimistico di Pascoli con una corrispondenza culturale davvero significativa.
  Le opere di Paccini abbracciano i più vari generi musicali: già da una prima ed epidermica analisi risulta un po' generica e ristretta l'etichetta di stile wagneriano con cui è stata definita la sua espressività, soprattutto per l'opera «Alessandra», scritta nel 1901 e rappresentata a Milano nel 1902.
  Le sue composizioni strumentali ed in particolare la «Suite all'antica» per archi, rivelano invece una grande sensibilità e conoscenza della musica italiana (in particolare è spontaneo il riferimento al coetaneo  Ottorino Respighi ed altri autori contemporanei) e una riconoscibile impronta veristica per quanto riguarda le atmosfere drammaturgiche di carattere pucciniano.
  La cultura tedesca, presente anche nei suoi retaggi romantico-classicistici, si incontra in maniera naturale con lo stile italiano. L'originalità di queste pagine sta proprio nel continuo lavoro di mediazione fra queste ascendenze e la personale tendenza all'inventiva melodica che, come nell'Ave Maria per canto e pianoforte e nel secondo movimento della Suite, risulta ben tornita, ricca di pathos e nitidamente calata in un contesto di ricerca delle possibilità timbriche ed espressive; i rapidi capovolgimenti nella tensione espressiva della suite si trasfondono efficacemente nel carattere agitato del Presto della Suite (il cui stacco mosso ricorda delicate e intense inflessioni mendelssohniane) sono una testimonianza di una vivacità di linguaggio musicale e di originalità creativa quasi nostalgica ma emotivamente densa.
  E anche importante sottolineare che dalle sue composizioni emana un artigianato musicale che lega in maniera indissolubile la creatività alla didattica, attraverso quel senso di trasmissione della cultura spesso lontana dai clamori del riconoscimento plateale ma così importante per l'inanellamento del far musica al tessuto sociale e morale.

M° Pier Paolo Scattolin
Direttore del Conservatorio di Musica di Mantova