Giuseppe Puccini nacque a Bozzolo il 23 agosto 1876 da Alberto e da Teodora Canditi. La situazione economica della famiglia presto divenne tale che il padre, per guadagnare, fu costretto ad emigrare e ad accettare il duro lavoro del minatore.
Nel 1878, quando Giuseppe aveva due anni, un grave incidente diede una svolta particolare alla sua vita. Per lo scoppio di un ordigno da pesca con il quale si trastullava, ebbe il viso in parte rovinato e perse l'uso di entrambi gli occhi. Così dice il dott. Manfredini. O per lo scoppio di «un agoraio, di quelli che si usavano una volta, di forma ovale, di legno, contenente dinamite», come si legge in un dattiloscritto dell'avvocato Giovanni Rosa che precisa: questa la versione da me ascoltata dal Maestro. O per una fiammata sprigionatasi da una scatola di fiammiferi, come sostengono altre fonti. Comunque sia, sempre un gravissimo incidente che lo privò di quello, fra i cinque sensi, che è il più prezioso. Giuseppe, così, non vide più. Ma «nelle pupille spente gli rimase l'immagine delle cose viste. Egli non sognava come gli altri ciechi: ricordava. Ricordava il volto della madre, ricordava il volto degli uomini e delle loro cose: la luce, le albe, i tramonti della nostra piana e i campi e le piante. E il ricordo, un giorno,
parve trasfigurarsi e farsi armonia che è una nuova maniera di vedere, una maniera più alta, quasi divina», come disse don Mazzolali la sera dell'11 giugno 1955 in occasione di un concerto tenuto al Teatro Odeon di Bozzolo.
Paccini, dunque, non vide più con gli occhi del corpo, ma cominciò a vedere con gli occhi dell'anima. E si affinò così la sua sensibilità. E si accentuò la sua naturale disposizione per la musica «una delle vie per cui l'anima ritorna al cielo», per dirla con Torquato Tasso. Disposizione, attitudine che gli fu riconosciuta all'Istituto Ciechi di Milano dove era stato ricoverato e dove trascorse diversi anni. Là studiò sotto la guida del palermitano Michele Saladino, un nome molto famoso a quel tempo, ottimo compositore e trascrittore di opere liriche nella versione pianistica. Aiutato da buona memoria e da ferrea volontà, seppe ben presto distinguersi e a suo tempo diplomarsi in pianoforte, organo e composizione, studiando contemporaneamente anche violino.
Conseguito il diploma e uscito dall'Istituto col titolo di «Maestro Compositore», divenne organista nelle chiese milanesi di S. Agata e S. Eufemia e pare anche di S. Carlo. Così raccontò più volte, ma non abbiamo prove sicure
Nel 1900 venne scelto per un concorso d'organo a rappresentare Milano a Parigi. Riuscì primo e ricevette le Iodi e una medaglia d'oro da parte del Maestro Louis Victor Vierne ed ebbe l'onore - come lui stesso spesso ricordava - di inaugurare il nuovo organo della cattedrale di Notre-Dame. Viste le sue capacità, fu chiamato a tenere alcuni concerti in Francia e, una volta rientrato in Italia, ne tenne uno nella chiesa di S. Andrea a Mantova.