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La Déruchette

  Da I lavoratori del mare di Victor Hugo prese più tardi il soggetto per la sua De Ruchette che deve essere considerata l'opera della maturità artistica, mentre la precedente Alessandra, in cui Paccini si affida con semplicità all'estro musicale, rimane l'espressione della sua vena giovanile.
  Della De Ruchette - mai portata in scena - rimane solo la partitura orchestrale in braille e pare non sia neppure ultimata o almeno «limata», rivista come il Maestro avrebbe voluto. Il dott. Roberto Manfredini dice infatti che il Maestro, da lui visitato durante un ricovero in ospedale, a Bozzolo, circa un anno prima che morisse, gli manifestò la sua pena nel rendersi conto che diffìcilmente avrebbe potuto terminare, come desiderava, la sua opera prediletta alla quale aveva dedicato tanti anni della sua attività. Eppure riconosceva di averla già rimaneggiata più volte, cercando di eliminare le scene più prolisse e di rendere meno monotona l'orchestrazione. Questo perché, in età matura, pur restando fondamentalmente Wagneriano, aveva cominciato a condividere, per alcune opere del Maestro tedesco, la critica di Rossini, il quale, uscito da teatro dopo la rappresentazione del Tannhauser (Paccini lo ricordava spesso), disse: «Ci sono dei gran bei momenti, ma ci sono dei terribili quarti d'ora». E pure perché aveva cominciato ad apprezzare Verdi, che aveva saputo, nelle sue opere, sfrondare la musica di tutto il superfluo affidandosi alla vena ed all'estro musicale.
  Della De Ruchette soltanto alcuni ex-allievi hanno ricordo di qualche frammento sentito a volte suonare dal Maestro al pianoforte. Si tratta di alcune romanze, «belle», dicono tutti concordi, e in particolare del brano -potentissimo per forza espressiva - della scena della tempesta. Un brano che il dott. Manfredini non esita a definire «magnifico».