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La direzione della Scuola di Musica

  E quando a Puccini fu dato l'incarico? Quando gli furono forniti i locali? Anche questo non si sa. Ma si deve pensare poco dopo il suo ritorno a Bozzolo, forse già nel 1915, dato che il primo concerto dei suoi allievi fu tenuto nel settembre 1916. Almeno un anno di scuola, per imparare e prepararsi, ci sarà voluto...
  «Non eravamo in molti, allora, a frequentare la Scuola Comunale di Musica, in quelle due stanze (un pianoforte, un armonium, due tavoli, un armadio) in cui il maestro ci accoglieva per le lezioni riconoscendoci ciascuno dal nostro passo, dalla nostra voce» ricorda il prof. Arturo Chiodi. Che ricorda però anche «quanto gusto musicale avessero tutti affinato in quella scuola, quanta gioia provassero tutti nel «fare musica insieme», nell’imparare insieme a procedere con lo stesso tempo, entrare al momento giusto, essere tutti, nella varie «parti», ugualmente artefici, indispensabili di un unico risultato di «suono», di un amalgama sonoro in cui il contributo di ciascuno si distingue e si unisce nel grande dono dell'armonia».
  Una scuola, dunque, che non dava solo una formazione musicale, che non preparava solo alla conoscenza delle note, ma dava anche una formazione interiore, preparava
alla vita. «In quella scuola noi ragazzi abbiamo imparato ad essere esigenti con noi stessi. Quella scuola ci è servita anche per dare una quadratura morale alla nostra condotta e alla nostra vita» soleva infatti ripetere il comm. Rinaldo Zangrossi.
  E tutti sappiamo che la scuola dà simili frutti se chi insegna lo fa non tanto e non solo con l'intelligenza e con la cultura, ma anche e soprattutto col cuore e con la sensibilità. E il maestro Paccini deve aver davvero usato tanto cuore e tanta sensibilità se i suoi ex-allievi ancora parlano di lui non come di un comune insegnante di musica, ma di «un essere permeato di armonie musicali che cercò di trasfondere negli altri e soprattutto nei giovani la passione che l'agitava, di rendere tutti partecipi del suo meraviglioso mondo spirituale».
  Nel giro di pochi anni, però, gli allievi aumentarono. Arrivarono persino ad una sessantina. Chi studiava pianoforte, chi violino, chi viola, chi violoncello, chi contrabbasso. E chi canto. In base al regolamento, infatti - come abbiamo visto - perché in base alla disposizione del benefattore Pasotti, il maestro di musica doveva impartire pure lezioni di canto. Quindi il maestro Paccini insegnava anche canto. Tra i suoi allievi si può ricordare Ivano Visioli di Mosio, poi allievo del maestro Campogalliani, che diventò un buon tenore, corista alla Scala di Milano.
  Paccini riuscì così a costituire una orchestra d'archi, composta da oltre trenta elementi, la quale eseguì una serie innumerevole di concerti nei paesi vicini. «A Sabbioneta, al Teatro Olimpico, riportammo un vero successo» diceva con orgoglio - e giustamente - il comm. Zangrossi. «Ci spostavamo da una parte all'altra inforcando la bicicletta e carichi dei nostri strumenti che portavamo a tracolla. E quando il maestro, dopo le esecuzioni, riceveva il compenso, poco o tanto che fosse, non lo teneva per sé, ma lo metteva a disposizione per stare insieme: con pane e salame e qualche bottiglia, per far festa». «Quel pane e salame e quel bicchiere di vino dopo i concerti nei paesi del Mantovano e il ritorno, a notte fonda, con i nostri strumenti e i pensieri ondeggianti, sono tra i nostri ricordi più belli» ebbero a dire in più di un'occasione il cornm. Zangrossi e il prof. Chiodi.