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L'opera prima: Alessandra

  Tornato a Milano, cominciò a frequentare un gruppo di artisti ed ebbe l'occasione, così, di conoscere Innocenzo Cappa, giornalista e uomo politico (nato a Torino nel 1875 e morto a Milano nel 1954) che diresse l’Italia del Popolo e fu poi redattore del Secolo di Milano. Deputato repubblicano dal 1913, interventista e volontario della Prima Guerra Mondiale, fu fatto senatore nel 1929. Ebbe fama, più che per i numerosi scritti, come conferenziere abile nel trattare i più diversi argomenti. Fu Cappa, allora giovane, ma già intraprendente, sicuro, capace, che si offrì di scrivere per Paccini un'opera, se lui fosse stato disposto a musicarla. Avuta risposta positiva, si mise subito al lavoro e, ultimatolo, passò il libretto al maestro che in un anno circa ne preparò la musica. Era il 1901.
  Paccini raccontò più volte agli amici bozzolesi che, proprio il giorno in cui aveva terminato la sua composizione, ricevette la visita del Cappa che, felice, andava a comunicargli di esser diventato padre di una bambina. «Anch'io sono diventato padre: ho finito l'opera» diceva di avergli risposto. Ed entrambi decisero di usare il nome della protagonista del dramma - Alessandra - per chiamare l'uno la figlia e intitolare l'altro l'opera.
  Il melodramma, in due atti, venne quasi subito richiesto dalla Casa Ricordi, ma il Cappa - non sappiamo perché - sconsigliò Paccini di cederle i diritti. Così l'opera fu rappresentata in proprio, al «Dal Verme» di Milano, il 21 Maggio 1902, diretta - come si può leggere nella rivista «Ars et labor» - dal maestro Giovanni Zuccani. Ebbe come interpreti il soprano Canovas, il tenore Del Colli ed il celebre baritono Nunzio Rapisardi, «principe» dei baritoni del Teatro La Scala, e grande interprete di lavori di Mascagni e Ponchielli. Ma la critica non fu concorde e l'opera non fu più portata in scena se non il 20 Settembre 1903 a Bozzolo, ma... «da cani», come il Maestro diceva al bozzolese avv. Giovanni Rosa.
  «Da cani» secondo il Maestro, ma non secondo i Bozzolesi, visto che per dieci sere quasi consecutive non mancò mai il pubblico ad assistere allo spettacolo. Dieci, infatti, furono le rappresentazioni dell'Alessandra a Bozzolo. La prima il 20 settembre e l'ultima il 3 ottobre. E l'introito ammontò a £ 1.528,10.
   I dati riportati ci vengono dal «Repertorio delle produzioni rappresentate nel Teatro Sociale di Bozzolo dal 1843 al 1929», un manoscritto dell'epoca in possesso della signora Rosanna Ferrarmi Subelli. Un manoscritto, purtroppo, non firmato. Così non ci è dato di sapere chi fece tali annotazioni. Ma è ugualmente un documento importante perché ci svela qualche particolare di vita bozzolese fino ad ora sconosciuto.
   E grazie a tale documento, infatti, che possiamo sapere anche chi diresse e portò in scena l'opera: Offrandino Zani, maestro concertista e direttore d'orchestra; Cesare Malossi, direttore sostituto; Enrichetta Restella, soprano; Teresina Gheis, mezzo soprano; Giacinto De Fallataris, tenore; Silvio Rosini, baritono. Professori d'orchestra 25; coristi d'ambo i sessi 20; comparse 10.
  L’Alessandra è un lavoro ispirato al teatro Wagneriano. Paccini, infatti, come musicista crebbe ed operò quando in Italia si stava diffondendo la fama del compositore tedesco e diventò ben presto un Wagneriano acceso, tanto da seguire alcuni schemi orchestrali del genio germanico. Nonostante ciò, l'Alessandra non ebbe il consenso generale. Forse perchè il Cappa, fervente repubblicano, aveva messo nel testo segni evidenti del proprio credo politico, che non poteva esser gradito ai nobili ed ai borghesi di Milano che in quel tempo avevano in mano l'editoria musicale e quindi la conduzione dei teatri lirici? Può darsi. Comunque, lo scarso successo non impedì a Paccini di ritentare la strada dell'opera.